Dip. Ing. Navale, del Mare e per l’Ambiente,
Sezione Ing. Georisorse e Ambiente, Università Trieste
PROSPETTIVE APERTE DALLE NUOVE CONOSCENZE GEOFISICHE IN PROFONDITA' NELLA PENISOLA ITALIANA
Riassunto
I profili di sismica a rifrazione
profonda 1956-86 (DSS + WA) avevano consentito una conoscenza regionale
della crosta terrestre in Italia. La revisione ed il trattamento digitale
di alcuni profili trasversali alla Penisola hanno consentito di precisare
la posizione e la natura della sutura longitudinale quasi continua lungo
tutta la penisola fra la crosta adriatica e quella assottigliata ad ovest.
Il profilo CROP-03 (Punta Ala - Gabicce) ha anche evidenziato correlazioni
fra l’attività sismica e la struttura superficiale e profonda nell’Appennino
settentrionale. Lo stesso profilo ha pure inquadrato il significato regionale
dell’area geotermica toscana, con nuove prospettive per le forze endogene.
Analogamente i successi ottenuti dall’AGIP in Basilicata con la sismica
3D aprono nuovi orizzonti per la ricerca di idrocarburi nelle serie carbonatiche
dell’Italia centro-meridionale.
Abstract
The deep seismic refraction profiles
1956-86 (DSS and WA) permitted a regional knowledge of the earth’s crust
in Italy. The revision and the digital processing of some profiles perpendicular
to the Peninsula gave further information on the position and nature of
the longitudinal, almost continuous along all the peninsula, suture between
the thick Adriatic crust and the thinned one to the west. The CROP-03 profile
(Punta Ala - Gabicce) has also pointed out the correlation between the
seismic activity and the superficial and deep structure in the Northern
Apennines. The same profile has too displayed the regional meaning of the
tuscanian geothermal area, with new prospects for geothermal energy. Likewise
the successes obtained by AGIP in Basilicata with 3D seismics open new
horizons for oil prospecting in the carbonatic series of central-southern
Italy.
INTRODUZIONE (DSS + WA)
Dal 1956 l’Italia ha attivamente partecipato
allo studio della crosta terrestre mediante i metodi della sismica attiva
a rifrazione (DSS = Deep Seismic Sounding) ed a riflessione (NVR
= Near Vertical Reflection e WA = Wide Angle).
I 25.000 km di profili DSS e WA dal
1956 al 1986 ricoprono la maggior parte del territorio nazionale e dei
mari circostanti (Fig.1); una prima carta dello spessore della crosta (Moho)
è stata pubblicata da Nicolich e Dal Piaz (1988; Fig.2). I risultati
più salienti sono:
1. I principali tipi di crosta che si riscontrano nella regione italiana sono:
- una crosta continentale normale (spessore 35 km) nell’area adriatica: rigida, ha trasmesso verso N-NW le spinte della placca africana generando così le Alpi;
- una crosta intermedia ad ovest della cresta appenninica, assottigliata (20-25 km) per attività mantellica nel tardo Miocene-Quaternario, caratterizzata da forti anomalie termiche e da distensione e sprofondamento recente, con oceanizzazione nel SE Tirreno;
- la crosta continentale europea a Nord e nel blocco sardo-corso, subdotta sotto le due croste precedenti ed ispessita sotto le Alpi.
Fig.1 - I profili di sismica
a rifrazione profonda in Italia 1956-86 (DSS; 25.000 km). In grassetto
i profili C-I revisionati di Fig. 3.
2. Le indentazioni di materiale mantellico nella crosta inferiore delle Alpi occidentali e centrali (con vergenza W e N) e nell’Appennino centro-settentrionale (con vergenza NE).
3. I colossali sovrascorrimenti che per centinaia di km hanno portato verso N e NW i materiali della Tetide (e.g. per la formazione delle Pennidi), come pure radialmente il materiale di provenienza tirrenica nelle falde di sovrascorrimento di tutto l’Appennino.
Il progresso delle tecnologie (digitalizzazione
dei profili analogici precedenti, strumenti di acquisizione digitali ed
elaborazione dei dati mediante computer) ha consentito la revisione dei
principali profili DSS (Scarascia et al., 1994). I risultati per i 5 profili
marcati in grassetto in Fig.1 sono riportati in Fig.3, dove in particolare:
Fig. 2 - Isobate della
Moho (equidistanza: 5 km; Nicolich, Dal Piaz, 1988) e diversificazione
della crosta nell’area italiana.
Tratteggio obliquo: crosta continentale NE-SW adriatica e africana; NW-SE europea. Tratteggio fitto: fascia di contatto. Orizzontale: crosta sottile.
a) sono definite meglio le principali discontinuità e le velocità delle onde longitudinali negli strati attraversati;
b) è confermata la presenza di una crosta assottigliata ad ovest della cresta appenninica;
c) è definita la fascia longitudinale
di sutura fra le due croste, cui corrisponde il massimo della sismicità
appenninica.
Fig. 3 -
Sezioni crostali trasversali selezionate attraverso la penisola italiana;
differenziate a seconda delle velocità delle onde sismiche (in km/s):
6.5-7.5 crosta inferiore (punteggiata);
>7.5 mantello sup.;
tratteggio obliquo = sutura crostale.
Riferimenti topografici in figura (Rev. Scarascia et al., 1994).
Fig.4 - Distribuzione di 600 eventi sismici (1986-1993) riposizionati dalla tomografia dei tempi di arrivo (Chiarabba, Amato, 1996).
Lo studio dei moti all’ipocentro (Fig.4) e le anomalie magnetiche (Fig.5) confermano che la crosta assottigliata è in distensione; la geochimica indica che le età dei corpi magmatici infrasedimentari nell’area settentrionale variano da 14.0 Ma a 0.1 Ma (Fig.6).
Fig. 5 - Anomalie aeromagnetiche residue (dalla carta AGIP, ed. 1986).
Fig. 6 - Cartina schematica
delle rocce magmatiche dell’arca appenninico settentrionale (da Serri et
al., 1993).
I, II, III, IV indicano i 4
settori (separati da linee continue) in cui è stato localizzato
il magmatismo delle 4 fasi.
Lo studio di Serriet al. (1993)
ha anzitutto potuto suddividere in 4 fasi, progressivamente più
giovani da Ovest verso Est (~14 Ma; 7.3-6.0 Ma; 5.1-2.2 Ma; 1.3-0.1 Ma),
il processo magmatico neogenico quaternario degli Appennini settentrionali.
A queste 4 fasi corrisponderebbero i periodi della distensione riconosciuta
dalla geologia in tutta la zona. Il nuovo modello suppone che, prima di
15-14 Ma, la placca adriatica sia stata sottoposta ad un processo di delaminazione
che ha permesso a parti superiori della sua litosfera e della sua crosta
inferiore di essere subdotte nel mantello superiore.
Una volta che il processo di delaminazione
è iniziato, l’immissione di mantello litosferico nello spazio liberatosi
sopra la litosfera adriatica delaminata/subdotta aumenta ulteriormente
il contrasto di densità ed in ultima analisi risulterebbe in un’accelerazione
della delaminazione entro la placca adriatica.
Boccaletti et al. (1997) suddividono
la zona dal Tirreno all’Adriatico in 3 settori (Fig.7): il settore A affetto
da tettonica estensionale; quello C affetto da tettonica compressiva; quello
B intermedio affetto normalmente da tettonica estensionale ma - durante
velocità maggiori nella convergenza delle placche - il ritorno della
tettonica compressiva causa interruzioni sia nella sedimentazione che nell’attività
magmatica.
Fig. 7 - Profilo crostale schematico dalla Corsica all’Adriatico (Boccaletti et al., 1997) indicante i settori di tettonica estensionale (A), compressiva (B) ed alternativa (C).
Il nuovo modello petrogenetico sopraddetto
spiega quindi la differenziazione a Nord e a Sud del 41° parallelo
fra i due sistemi dell’Appennino-Tirreno settentrionale ed arco calabro-Tirreno
meridionale quale risultato di una evoluzione geodinamica differenziata,
almeno a partire dal Langhiano, e legata alla diversa composizione della
placca inferiore: una litosfera oceanica a sud ed una litosfera continentale
a nord, la prima sottoposta al processo di subduzione e la seconda al processo
di delaminazione.
La discussione dei dati geologici
e geofisici indica anche che l’orogenesi dell’Appennino settentrionale
è ancora attiva. L’area nell’immediato occidente dello spartiacque
della catena (Gubbio, Nocera Umbra, Norcia) si trova attualmente in una
fase di collasso verso il bacino retro-arco, che però è ancora
nella sua fase iniziale di distensione. Prima che una nuova fase magmatica
si verifichi, questo settore della catena dovrebbe essere sottoposto ad
un importante sollevamento in superficie.
Recentemente (Frepoli, Amato, 1997)
nelle zone di distensione dell’Appennino centro-settentrionale ed in quelle
compressive a monte (cioè sul margine della crosta adriatica) sono
stati trovati terremoti con le stesse caratteristiche del moto dell’ipocentro
(Fig.4), ma differenziati in accordo con il modello sopra menzionato.
Fig. 8 - Il profilo CROP-03 (Punta Ala - Gabicce): (A) interpretazione sismica (line drawing) e (B) sismico-geologica (da Decandia et al., 1998).
Invece, nell’Appennino meridionale
lo studio del moto dell’ipocentro e delle tensioni nei pozzi conferma la
presenza solo di moti estensionali E-W.
IL PROFILO CROP-03 (APPENNINO - LARDERELLO)
Il profilo CROP-03 (da Punta Ala a Gabicce) rivela (Fig.8) che :
- la fascia di sutura nell’area in
esame è costituita tutta da indentazioni del mantello nella crosta
inferiore adriatica, e di questa sulla crosta superiore.
Fig. 9 -
Isobate del basamento magnetico (intervallo 2 km; dalla carta AGIP, ed.
1982).
Punteggiata l'area con profondità > 10 km; area rossa = principali affioramenti vulcanici.
- sovrascorrimenti centrifughi per spinte mantelliche hanno prodotto un ispessimento della crosta inferiore in corrispondenza della Val Tiberina, e di crosta superiore ad Est della stessa valle;
- la profondità del tetto della crosta superiore (cristallino) e le faglie - prevalentemente sub orizzontali - individuate nella serie sedimentaria possono rendere ragione della sismicità superficiale nella zona; quelle profonde della sismicità profonda;
- al margine occidentale del profilo
si intravvede (sotto Punta Ala) un residuo di subduzione verso Est di crosta
inferiore europea.
Fig. 10 - Dati geofisici e modello geologico-geofisico per Larderello (da Manzella et al., 1995)
La rapida risalita verso ovest della
Moho che si intravvede al margine occidentale del profilo CROP-03 trova
corrispondenza nella notevole discontinuità nel basamento magnetico
della linea Pontremoli-Civitavecchia: dalla profondità di 12-14
km ad est ai 2-4 km ad ovest (Fig.8). Ciò è ben noto anche
dalla geologia, che riconosce un alto del granito con il massimo nell’isola
del Giglio ed un raggio di circa 130 km attorno ad essa.
Questo ci porta a Larderello, dove
la risalita verso ovest della Moho toscana e del tetto della crosta superiore
è in corrispondenza con la profondità minima dell’orizzonte
K. E’ questo un “bright spot” della sismica a riflessione che si può
seguire per una decina di km verso Est, anche se non in maniera continua.
Le sue culminazioni sono in corrispondenza con i due “torrioni” dell’area
geotermica rivelati dalla geofisica (Fig.10), uno dei quali è stato
quasi raggiunto dal pozzo “San Pompeo 2” della zona di Larderello, che
arrivato a 3000 m di profondità ha trovato fratturazioni molto estreme
di micascisti alterati idrotermicamente contenenti fluidi ad alta temperatura
(>420°C) e pressione (>240 bar). Il forte riflettore K potrebbe così
indicare probabilmente la presenza di acque salmastre profonde o rappresentare
il tetto di intrusioni granitiche.
L’orizzonte K è quindi un elemento
di primaria importanza per la ricerca sulle forze endogene. Assieme ad
altri dati geofisici porta ad ipotizzare nell’area geotermica una crosta
assottigliata intrusa da corpi magmatici parzialmente fusi con bassi valori
di densità, resistività e velocità di propagazione
delle onde P. Questi corpi danno luogo ad anomalie di gradiente e di flusso
termico alle quali può essere attribuita la fonte di calore profonda.
Per l’estensione delle ricerche e
la importanza dei risultati finora ottenuti, l’area geotermica toscana
è stata riconosciuta nel 1997 come “world-site” per le ricerche
geotermiche in Europa dall’International Continental Scientific Drilling
Program (ICDP).
In preparazione, il CNR ha in istruzione
a cura dell’Istituto Internazionale Ricerche Geoterniche di Pisa, un programma
strategico pertinente.
L’ITALIA CENTRO-MERIDIONALE (PIATTAFORME CARBONATICHE)
Diversa è la situazione nell’Italia
centro-meridionale, dove scendendo in latitudine il predominio superficiale
della placca adriatica si estende sempre più verso ovest, e dove
predominano le serie carbonatiche, anche di notevole spessore. In questo
settore le spinte centrifughe per l’attività mantellica tirrenica
sono state chiaramente illustrate nella coltre sedimentaria da 15 sezioni
trasversali dell’AGIP, basate su profili sismici NVR di dettaglio e numerosi
pozzi (Mostardini, Merlini, 1986). Questi dati hanno portato una vera rivoluzione
nella conoscenza geologica dell’area.
Riportiamo come particolarmente significativa
la sezione n.7 (Fig.11). In essa si vedono chiaramente i sovrascorrimenti
che ricoprono a vari livelli quasi tutta l’area appenninica e che hanno
oscurato la sismica a riflessione e impedito l’avanzamento delle conoscenze
in profondità. Dopo 20 anni (1970-1990) di ricerche senza esiti
con la sismica 2D, è stato possibile ad un gruppo dell’AGIP (La
Bella et al., 1996) riconoscere che la cattiva qualità della
risposta sismica era principalmente dovuta alle condizioni geologiche superficiali.
Le condizioni estremamente variabili della topografia e della litologia
superficiali, con forti variazioni nella velocità del sub-aerato
indussero ad analizzare con estrema cura tutti gli aspetti operazionali
del progetto operativo, ricavando i migliori compromessi tecnico-operazionali.
Il rilievo sperimentale che ne seguì
dimostrò che l’uso di una appropriata programmazione consente di
affrontare e risolvere problemi molto complessi, e di ottenere con la sismica
3D risultati affidabili anche in aree di montagna.
Fig. 11 - Una sezione
schematica dell’Appennino meridionale (Salento-Gargano, ingrossata sulla
cartina in alto; da Mostardini, Merlini, 1986).
E’ stato così scoperto in Basilicata
il giacimento petrolifero di Val d’Agri, risultato successivamente il più
importante attualmente d’Europa. Il potenziale economico di questi ritrovamenti
e delle ragionevoli aspettative che essi hanno aperto (assieme ai ritrovamenti
recenti di idrocarburi nelle aree marine), potrebbe ridurre gradualmente
in tempi relativamente brevi il disavanzo del bilancio energetico del nostro
Paese, che per gli idrocarburi nel 1997 è stato di 38.000 miliardi.
CONCLUSIONI
Le recenti scoperte sulla costituzione della crosta profonda in Italia - rese possibili dall’interpretazione integrata di tutti i metodi geofisici e geologici - hanno aperto nuove prospettive:
- sulle correlazioni fra l’attività sismica e la struttura superficiale e profonda nell’Appennino centro-setentrionale;
- per l’esplorazione e lo sfruttamento dell’area geotermica toscana;
- per la ricerca di idrocarburi nelle
piattaforme carbonatiche dell’Italia centro-meridionale.
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